San Pietro e San Paolo, Aragona (AG).

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Da un’idea di Giuseppe Lorenzano «di Carmelo» e di Stefano Terrasi artista-ceramista che ha realizzato le statue dei due santi da donare alla città di Aragona

San Pietro & San Paolo

La Pasqua di Aragona (AG), intesa come pietà popolare e non in senso liturgico, è una delle più lunghe della Sicilia. I riti pasquali, che hanno il loro culmine durante la Settimana Santa, nel caso di Aragona si protraggono anche nelle settimane successive. Uno dei suoi aspetti più caratteristici è quello di avere come protagonisti le statue di San Pietro e San Paolo che assieme a quella del Cristo Risorto e della Madonna danno vita nella Domenica di Resurrezione al tradizionale Incontro. I due simulacri sono costituiti ognuno dalla testa del santo unita ad un’intelaiatura di legno e/o di alluminio che poggia direttamente sulle spalle di un portatore, il quale riesce a condurli in giro e ad animarli come se fossero quasi degli automi di cartapesta. Il meccanismo che li rende animati (ma solo nella deambulazione) è un po’ simile a quello del funzionamento delle marionette da mano. Sono alti circa tre metri. La loro struttura grava sul corpo del sorreggitore che in questo caso viene aiutato dall’esterno da due sostenitori posizionati al suo fianco in funzione di accompagnatori. Del portatore si intravedono soltanto il viso, scoperto all’altezza ventrale della “statua”, e parte delle sue stesse gambe.

S. Paolo

[Da Wiki]
«L’obiettivo di queste manifestazioni, organizzate dai Padri Mercedari, era la catechesi popolare. La denominazione di “Sampaoloni” data alle statue deriva da San Paolo e la loro imponenza esalta la grandiosità spirituale e morale degli apostoli […]
 derivano dai giganti processionali dell’antica tradizione spagnola […] Grazie alle relazioni politiche e commerciali esistite tra la Spagna e la Sicilia, la tradizione dei giganti si è diffusa anche nell’isola ed oggi è legata al culto della Vergine, come nel caso dei giganti Mata e Grifone della festa dell’Assunta a Messina e dei giganti Kronos e Mytia della festa della Madonna della Luce di Mistretta. Nei casi dei santoni di Aidone, Barrafranca, Aragona, Caltagirone, e dei Sampaoloni di San Cataldo, le statue rappresentano gli apostoli e sono protagoniste delle rappresentazioni della domenica di Pasqua».

È doveroso dunque sottolineare che eventi analoghi a questa (diversi però per tipologia e struttura) si svolgono anche in molte altre parti della Sicilia. Dai preziosi lavori di ricerca storica del Sig. Salvatore Alongi, che assieme ad altri esponenti della sua famiglia ha in custodia San Paolo, si riporta quanto segue:

[…] «non soltanto a Palermo avevano vita simili rappresentazioni pasquali pantomimiche, poiché esse nelle antiche città di Avola, Castronovo e Caltagirone, “plaudente tutto il popolo”, avvenivano già da tempo. In alcuni luoghi avveniva il semplice incontro tra la Madonna e Gesù Risorto, magari con qualche statua che muoveva le braccia (movimento dato dal portatore) per rendere la scena più verosimile; a Caltagirone invece, tale scena detta “Giunta” era più articolata, poiché alle figure di rilievo come Maria e a Gesù si univa un terzo, S. Pietro, un gigantesco personaggio realizzato in cartapesta, tutto d’un pezzo, dove all’interno si inseriva un aitante robusto uomo, il quale vedeva attraverso due buchi realizzati appositamente, impugnando un mazzo di chiavi nella mano sinistra mentre con la destra esprimeva la S.S. Trinità». 

Quella di Aragona può essere fatta risalire agli inizi del 1700 per volontà di diversi soggetti, enti e gruppi religiosi che si adoperarono per la creazione di una rappresentazione ammantata di folklore simbolico, che si sarebbe dovuta svolgere il giorno di Pasqua nella Piazza del Rosario (oggi Piazza Umberto I), dominata dall’imponente Palazzo Principe edificato dal principe Baldassare Naselli IV.
Un primo prototipo della festa si ebbe nel 1702, ma pare che già nella seconda metà del Seicento ci fosse una pre-manifestazione di questo tipo. Venne stipulato così un atto di formale affidamento a diverse congregazioni religiose che l’avrebbero dovuta curare secondo le indicazioni fornite dalla Chiesa. Tuttavia la nascita dell’Incontro [per come lo conosciamo oggi]  tra la Madonna Immacolata, San Pietro e San Paolo, e il Cristo Risorto (Santu Sarbaturi) è datata 1772. Per il suo allestimento furono incaricate alcune famiglie – considerate socialmente affidabili – a cui dare in custodia le due statue. Per San Paolo, come accennato sopra, venne scelta la numerosa famiglia Alongi; per San Pietro le famiglie: Attardo, Lorenzano, Scifo, La Mendola e Russo. Inoltre sono anche custodi le famiglie Tararà e Caltagirone.

il S. Pietro di  Stefano Terrasi

L’Incontro aragonese è una riproposizione della Resurrezione vista in chiave religiosa, pedagogica ed antropologica. È un atto simbolico nato con l’intento di spiegare al volgo e dunque «agli altri, ma anche a se stessi», il passaggio dalla morte alla vita e dalla colpa alla grazia. Rappresenta un ritorno alla luce attraverso la fine dell’inverno e del silenzio iperboreo della stagione buia. È un ritorno al bene sancito dall’avvento della primavera che porta in dote le primizie della prosperità e del lieto vivere. Il simbolo (che in antropologia culturale è la sintesi di diversi concetti universali) fornisce ad una comunità il modello interpretativo dell’identità culturale che essa ha scelto di darsi e di perpetuare. Così il binomio grazia-redenzione, realizzato dal sacrificio del Signore Nostro, nel caso dell’Incontro viene sacralmente inscenato dal folklore religioso (che non è folklore in senso stretto) alimentato a sua volta da dinamismo della teatralità popolare. Durante la Settima di Passione, in particolare il Giovedì Santo, nelle chiese aragonesi fanno la comparsa «i lavuredda» (dal termine lavuri indicante i seminativi a grano delle campagne) che non sono altro che composizioni floreali in cui vi è la prima germinazione del frumento tenuto al buio in piccoli vasi. È un’offerta propiziatoria con la quale i contadini donano a Dio tutto il loro lavoro e tutta la loro fatica in attesa di avere un raccolto ricco e favorevole. Questi elementi simbolici li ritroviamo anche il giorno di Pasqua direttamente nelle mani di S. Pietro e S. Paolo. Entrambi reggono in ognuna di esse dei mazzetti di fiori e di fave verdi, che come il grano costituiscono una delle principali coltivazioni stagionali del territorio. Nell’altra i due apostoli hanno elementi diversi: San Pietro porta le Chiavi dei Regni Ultraterreni; l‘Apostolo di Tarso invece impugna una spada. Questa simboleggia il drastico cambiamento avvenuto nel corso della sua vita, che lo ha trasformato da persecutore dei cristiani a strenuo difensore della fede.

il S. Paolo di Stefano Terrasi

Dagli scritti di Salvatore Alongi, tratti dalla “Breve guida alla storia di Aragona e dei suoi principi – a cura del Prof. Damiano Gaziano” (ed. 1999), catalogata nella Biblioteca Comunale di Aragona:
«Il muoversi smarrito dei due giganti tra la folla, la loro incertezza, i loro dubbi, la loro gioia, sono istintivamente condivisi e vissuti da tutti i presenti, istante per istante, sino allo exploit dell’Incontro, che viene ad essere un momento di liberazione e di grande gioia. La caduta del mantello nero dall’Immacolata e il contemporaneo volo delle colombe ne sono la materializzazione visiva. Infatti, se noi solleviamo il velo delle sovrastrutture sacro-teatrali delle varie manifestazioni dalla Pasqua siciliana, se ci fermiamo a considerare in profondità il dramma umano della morte, allora dobbiamo convenire con il Toschi quando afferma che, oltre agli angeli, i diavoli, i magi, i pastori, i santi, i discepoli e i giganti di cartapesta della scena, “su tutti, come contro un tragico sfondo rossastro, emergono le figure del Figlio e della Madre”. È questa l’essenza di tutta la rappresentazione, per cui quell’Incontro diviene allora sublimazione dell’amore materno, perché è il ritrovarsi (della madre e del figlio) oltre la morte».

Tra i tanti inchini (genuflessioni) dei due simulacri e tra i tanti nastrini colorati che addobbano il loro vestiario, ecco che quest’insolito mimo pasquale si fa strada tra la folla; tutto diventa corsa e ricerca frenetica della Vita, ossia del Risorto. Ed è qui, nella piazza dei Principi Naselli, che la Pasqua di Aragona vive il suo momento trionfale. È circa mezzogiorno e i due santi rimanendo al centro della scena, ma discretamente in disparte, si fanno testimoni dell’incontro tra il Redentore e la Madre dell’Umanità, sommersi dagli applausi degli astanti, entusiasmati dalla corsa delle due vere statue, sotto i rintocchi velocissimi delle campane suonate a gran festa.

Si ringraziano per la collaborazione:
il Sig. Sindaco Giuseppe Pendolino; il Sig. Salvatore Alongi; il Dott. Salvatore Alongi; Elio Alongi; Andrea Scifo; Libertino Baio per la fruizione del video; il fotografo Peppe Cumbo per la gentile concessione delle foto e i ragazzi dell’Associazione Facilmente.

 

Questo è un video pubblicato su YouTube da «Aragona Vintage». Da qui è liberamente condivisibile ma non scaricabile tramite download.

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