Fuga per la vittoria: la partita della morte (9 agosto 1942).

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«Hatch, se tu te ne vai dobbiamo venire via tutti, non possiamo tornare in campo senza il portiere!»

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9 agosto 1942: la Partita della Morte

Nell’estate del 1942 nell’ Ucraina occupata dalla Germania, un gruppo di militari tedeschi scoprì che nei dintorni di Kiev esisteva un campo di internamento dove vi lavoravano come addetti al panificio interno, alcuni calciatori della Dinamo Kiev e del Lokomotiv Kiev. Venne creata una squadra chiamata Start, composta dai giocatori di entrambe le formazioni. Decisero di sfidarli e prepararono un campionato dove parteciparono anche altre squadre minori. Il 9 agosto avvenne l’incontro tra lo Start e il Flakelf, una squadra tedesca formata da ufficiali della Luftwaffe, cioè dai soldati dell’ Aviazione. Ma facciamo un lieve passo indietro. Il 7 giugno era iniziato il campionato di calcio ucraino (permesso e addirittura voluto dalle autorità tedesche per distrarre la popolazione locale e per tenere impegnati i soldati – in quanto l’Ucraina non era più «linea di fronte» ma paese occupato); lo Start aveva inaugurato la stagione con una serie inarrestabile di successi strepitosi. Si giocava allo stadio Zenith di Kiev (dal 1981 Start Stadium), e vi erano diverse squadre partecipanti: il Ruch composto da collaborazionisti ucraini filo-germanici, nella cui formazione giocavano anche militari rumeni e ungheresi; la MSG. Wal, squadra interamente magiara; le tedesche RSG e per l’appunto il Flakelf. Inoltre vi militavano altre squadre minoritarie su cui non si sa molto. Lo Start in meno di due mesi vinse tutte le partite: riuscì a battere una squadra ungherese per 6 a 2; piegò la RGS tedesca 6 a 0; vinse gli ungheresi della Wal 5 a 1, battuti nuovamente per 3 a 2 in una rivincita, umiliando infine i rumeni del Ruch addirittura per 11 a zero. I tedeschi il 6 agosto organizzarono una partita tra lo Start e il Flakelf, considerato come la migliore squadra militare tedesca dell’Ucraina occupata. Il risultato fu incredibile: 5 a 1 per lo Start.

il manifesto dell’evento: Start contro Flakelf

Il 9 agosto venne disputata la rivincita. La città di Kiev venne interamente tappezzata da locandine, da manifesti e da immagini relative a quel match, che in seguito fu  chiamato e ribattezzato nell’allora URSS, come: «la Partita della Morte». Il risultato fu quasi scontato, rivinse lo Start per 5 a 3. Perché questa partita è stata appellata in tal modo ed è divenuta così famosa tanto da ispirare diversi film e lungometraggi? Si dice che per i tedeschi la partita sia diventata un fatto talmente umiliante, che alcuni mesi dopo le autorità tedesche, Gestapo ed SS, ordinarono l’arresto di molti giocatori dello Start con il loro internamento e la conseguente fucilazione. A questo punto è importante fornire una delle tante possibili spiegazioni per ricostruire quel fatto storico intriso di tanti dati discordanti ed antitetici. Per molti anni è stata considerata veritiera quest’ultima versione, che ha originato il mito della partita “punitrice” degli ucraini vittoriosi; ma pare che i fatti siano andati in maniera diversa. La propaganda sovietica per molti decenni ha dipinto la squadra degli ucraini, come una squadra di atleti formidabili e di intrepidi combattenti oltre che di grandi patrioti. Nell’URSS del dopoguerra si raccontava di come lo stadio Zenith per quell’occasione fosse strapieno di soldati dell’esercito tedesco con pochissimi civili sugli spalti, il che è stato ampiamente smentito.

Start vs Ruch

È stato raccontato un po’ di tutto: durante l’intervallo sembra che un ufficiale delle SS entrando negli spogliatoi avesse ordinato ai giocatori ucraini di perdere la partita e che un difensore – un tale Klymenko – dopo aver dribblato mezza squadra portiere compreso, anziché segnare pare si fosse fermato sulla linea di porta per indirizzare il pallone verso il centrocampo con un gesto di supremazia tecnica. Anche questi dati sono stati ritrattati vent’anni fa da alcuni giocatori e da diversi testimoni oculari ancora in vita. In ultimo va smentita la versione della fucilazione e della tortura di molti di essi, come quella romanzata durante gli anni del regime, nei quali si raccontava che uno degli atleti dello Start, prima che venisse fucilato abbia gridato: «lo sport rosso non morirà mai». Pare invece che i fatti siano andati diversamente. Non ci fu nessuna fucilazione dovuta alla sconfitta; allo stadio erano presenti numerosi tifosi locali; a fine partita i giocatori delle due squadre si sarebbero scattati delle foto insieme per ricordare l’evento, e soprattutto pare che le uccisioni dei giocatori ucraini siano avvenute mesi e mesi dopo quell’incontro a causa di una serie di tentativi di avvelenamento da loro orditi ai danni delle guardie del campo. Questi sinora i fatti storici o presunti tali. Il cinema ha celebrato quell’accadimento attraverso uno dei più bei film sul calcio mai realizzati. 

John Huston

Si tratta della pellicola «Fuga per la Vittoria» (Escape to Victory) di John Huston del 1981. Con questo film ha tentato un azzardo: un azzardo molto riuscito. Iniziamo col dire che il calcio negli USA (chiamato anche soccer) non è mai stato uno sport molto popolare, e che con questo azzardo egli è riuscito a vincere la sua sfida attirando tutto lo star system di Hollywood su di un gioco che per decenni e decenni, se non addirittura per secoli, ha differenziato la cultura sportiva americana dal resto del mondo. Ha reso il calcio più vicino agli americani e soprattutto lo ha reso uno sport maggiormente «cinematografico»! Ha cambiato parte di quella storia raccontata dalla propaganda con un messaggio diverso: lo sport unisce anche solo per poco, popoli e culture diverse. Huston ha creato una storia alla rovescia. Ha reso la sua storia più occidentale, ambientandola nella Francia occupata dai tedeschi anziché nell’estremo est d’Europa come nella realtà. Al posto dei giocatori dello Start, quasi tutti ucraini, ha ideato una squadra di calciatori alleati, eterogenea e aggregata alla meno peggio, in grado di personificare l’unità militare del resto del mondo che tenta di battere – almeno su di un campo di calcio – l’invincibile Germania. Nel suo film fa vincere gli alleati, penalizzati in campo da un arbitro filo-tedesco molto di parte, attraverso l’esaltazione in loro di quell’insieme valoriale tipico delle discipline sportive. Nel film fa scappare tutta la squadra, ma solo dopo la vittoria voluta e cercata a tutti i costi. Nella realtà come sappiamo, rimasero invece tutti prigionieri.

Kiev

Tutto questo è stato corredato durante le riprese, dalle doti sportive e dall’estro di quei prigionieri, interpretati da calciatori d’eccezione. Ha trasformato i giocatori in attori (operazione che oggi pare vada molto di moda per questioni legate alle attività commerciali!); ha mutato gli atleti in soldati anche solo per finzione; ha reso umani i rapporti deteriorati dalla disumanità della guerra. Il suo film in alcune parti contiene importanti descrizioni spesso tralasciate in tante altre pellicole di guerra. Ad esempio prima della partita, durante l’inno tedesco, nella platea composta da alti ufficiali tedeschi, è possibile intravedere il diverso saluto adottato dai militari: i soldati dell’esercito regolare salutano col saluto militare; i nazisti, cioè i membri delle SS, salutano invece col saluto romano. Non è un particolare da poco. Anche qui è possibile scorgere il talento e la genialità di un grande artista, che ha voluto mandare un messaggio chiaro e semplice (come lo scrivente ha più volte sottolineato citando se stesso): «nazisti non tutti lo erano e non tutti lo furono»Allo stesso modo non può essere tralasciato l’applauso liberatorio del Maggiore Karl Von Steiner, interpretato magistralmente da Max Von Sydow, rivolto al gesto atletico, conclusosi poi con un goal, di un giocatore alleato che riesce a segnare facendo vincere la sua squadra data per battuta.

Stallone (immagine libera)

Immagini rallentate ed acrobazie sceniche, hanno creato un film ibrido in cui il calcio è entrato nelle vicende della storia della seconda guerra mondiale. Viceversa la storia si è impossessata di uno sport idolatrato in ogni angolo del mondo, tanto da essere diventato una religione artificiale, spesso avulsa dalla realtà onnicomprensiva degli uomini. Il più bel film sul calcio, dove si parla «di resistenza, di fughe, di ufficiali tedeschi, di corner e di rovesciate» non poteva che concludersi con una vittoria: quella di Huston sull’ America, e sul cinema!

 

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«il Corriere della Storia (& il Diario Boreale)» è un giornale di guerra che si occupa di etnoantropologia, di geografia e di linguistica. È un'antologia sul cinema che raccoglie tutte quelle pellicole ispirate a fatti realmente accaduti. È un foglio del passato che narra storie di luoghi, di uomini e di popoli. È un quaderno di storia che racconta i fatti del cielo, del mare e della terra, che hanno avuto come protagonisti gli uomini di ogni epoca !!!

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