Lingue e dialetti d’Italia.

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immagine di Antonio Cioccolella
con licenza CC BY-SA 4.0

In Italia ci sono diverse lingue native diverse dall’italiano standard, nettamente distinte sia da quest’ultimo che dai suoi dialetti. Per lingue native si intendono tutte quelle parlate che sono riconosciute come lingue a sé stanti appartenenti a diverse famiglie linguistiche spesso di derivazione non necessariamente neo-latina.
Le lingue diverse dall’italiano sono: il sardo, il friulano, il ladino, il tedesco, il tedesco cimbrico, il francese (e provenzale), l’albanese, il greco, il serbocroato e il catalano. Tutte le altre parlate vanno necessariamente considerate come varianti dell’italiano. Ma perché ad esempio il napoletano, oppure il romanesco o gli idiomi lombardi non possono essere considerati lingue a sé stanti? La risposta va ricercata sia nella struttura linguistica che possiedono sia nel numero dei termini presi in prestito dal fiorentino, che sarebbe l’italiano propriamente detto. Ma va detto anche che buona parte di questi idiomi hanno subito l’italianizzazione di molte parole che originariamente erano confinate solo all’utilizzo locale di tali parlate.
Con la nazionalizzazione del fiorentino si assiste anche ad una italianizzazione di tutta la cultura del Belpaese. Il fiorentino in epoca rinascimentale venne adottato da alcune corti come lingua ufficiale da affiancare al latino. Parliamo di Milano, Genova, Napoli e Palermo. Con tale scelta, in pieno Rinascimento, molti atti ufficiali vennero redatti anche nella lingua volgare di tipo letterario, nata secoli prima e diffusasi tramite i lavori dei più grandi scrittori del medioevo: Dante, Petrarca, Boccaccio e di tutti gli aderenti al Dolce Stil Novo. In linguistica quando due parlate hanno più della metà delle parole in comune si suole affermare che tra esse esiste una certa continuità linguistica che rende i loro locutori mutuamente intelligibili.
Nel caso dei dialetti italiani tale continuità è pienamente riscontrabile nonostante le diverse fonetiche o cadenze possano in apparenza fornire un senso di incomprensibilità aliena.

Dante (by Pixabay)

Il siciliano, che ha una forte genesi latina propriamente detta, una volta era una lingua sé stante; oggi a causa delle tante contaminazioni dovute all’italiano viene considerato come un suo dialetto, anche se su tale punto non c’è unanimità di vedute. Da wiki (cit.): Essendo classificabile come «dialetto romanzo primario», l’idioma della Sicilia, in ambito accademico e nella letteratura scientifica italiana, è sovente indicato come dialetto siciliano. Altri studiosi, fra cui l’organizzazione Ethnologue e l’UNESCO, descrivono il siciliano come «abbastanza distinto dall’italiano tipico, tanto da poter essere considerato un idioma separato», il che apparirebbe dall’analisi dei sistemi fonologici, morfologici e sintattici, nonché per quanto riguarda il lessico».
Così intesi, i dialetti italiani vanno classificati in via generale in questo modo: i gallo-italici che comprendono le parlate di Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, una parte delle province settentrionali delle Marche e di alcune zone della Toscana-Lunigiana; i veneti del Veneto, del Trentino e della Venezia-Giulia; i trentini centrali; il toscano e il corso; i mediani con il romanesco, l’umbro-marchigiano e con alcune parlate del maremmano; i meridionali che comprendono un vasto insieme di idiomi che iniziano nelle province meridionali delle Marche, del Lazio, e dell’Abruzzo, e che terminano nella parte nord della Calabria. Infine ci sono i meridionali-estremi rappresentati dal calabrese, dal salentino e dal siciliano. Il cilentano meridionale e il salentino (enormemente differente dall’apulo-barese) rappresentano un caso di discontinuità territoriale con le parlate locali perché sono affini al calabrese e al siciliano. Rimanendo in ambito dialettale va detto che sia in Basilicata che in Sicilia ci sono delle isole linguistiche sui generis, che comprendono incredibilmente alcuni dialetti gallo-italici di tipo lombardo. Si tratta di zone in cui in epoca tardo medievale si insediarono gruppi allogeni provenienti dal nord Italia. Nel sud della Sardegna, precisamente nell’isola di San Pietro e a nord di Sant’Antico, si parla il dialetto tabarchino che è un dialetto di tipo ligure dato dal dominio genovese avutosi in queste terre. Nel nord dell’isola il corso influenza molte parlate delle isole e dei paesi costieri.

«Itala gente da le molte vite» (by Pixabay)

Per quanto riguarda le lingue native diverse dall’Italiano è doveroso precisare un dato storico. Alcune di queste lingue, frutto di insediamenti storici protrattisi per secoli, si attestano ad essere sia parlate di minoranze “nazionali” che di minoranze etniche. Nel primo caso sia il franco-provenzale (parlato in Valle d’Aosta e Piemonte) che il tedesco potrebbero essere considerati come sistemi linguistici di gruppi minoritari che tentano di identificarsi come popoli di altre nazioni, anche se tale questione è un concetto assai sfumato e non ben definito. Il serbocroato è parlato tuttora in tre comuni del Molise e sembra essere un fenomeno assai identitario per i suoi locutori che per tradizione non hanno mai dimenticato la loro antica origine balcanica, in questo caso croata. Una forma di albanese detto arbëreshë è parlato in alcune località della Lucania, della Calabria e della Sicilia. Lo stesso dicasi per il greco non moderno parlato tuttora in alcuni comuni della Calabria, e per il catalano di Alghero. Il friulano, assieme al ladino dolomitico e al romancio della Svizzera, appartiene alle lingue retoromanze. Il quadro finale è il seguente. In Italia ci sono lingue di tipo: 1) neolatine: italiano, sardo, catalano, friulano, ladino e franco-provenzale; 2) germaniche: tedesco e altre sue varianti dolomitiche come il cimbrico e il mocheno; 3) slave: il serbocroato; 4) a sé stanti: greco e albanese. Da tale quadro è possibile capire che l’Italia è il risultato di una vasta frammentazione dialettale intervallata da lingue allogene dovute a fenomeni migratori di tipo storico. Ciò permette alla nazione di godere di un grande patrimonio culturale meritevole di cura e di attenzione. Il grande Giosuè Carducci per descrive gli italiani scrisse: itala gente da le molte vite!

 

 

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